Emanuele Franceschetti | Inediti

Massimo, la pena temeraria
di scrivere, d’essere amanuensi, come dici
è immaginare che quest’esattezza, questa misura
del canto, non salverà nessuno dalla morte.
Forse il cuore screpato muove al gesto
che illumina e rammemora.
Forse sta in quest’azzardo ascensionale
il limite del mondo.
(o questo lo immagina chi non crede
che dopo il movimento verticale
vi sia l’ultimo approdo, un’altra consistenza)

(a Massimo Morasso)

*

*

*

Mentre affidi la voce al meccanismo
di cattura e riproduzione, io sto
teso all’ascolto immobile di un vuoto,
un moto capovolto in cui ti immagino.
Poi le parole arrivano, rimbalzano
perfette, misurate:
ma in un punto preciso
un minuscolo tremore di risata
*                                            *(l’avvertibile appena
*                          *contrazione di muscoli del viso)
ha spezzato l’ordine del discorso,
il rigore del metro. Finalmente
ritrovo nella voce un corpo vivo,
*                                                         *che tocco.

*

*

*

I dispositivi elettronici a mezz’aria
misurano, glossano le distanze:
stiamo viaggiando a duecentocinquanta,
farà freddo a Bologna,
i giovani godranno di opportune agevolazioni.
Diversamente accade la realtà
se torni con lo sguardo nelle cose:
dai finestroni spariscono i faggeti,
provvisoria una neve innamora
e schiara il sonno di due giovani,
più avanti una si è camuffata il volto
con una mascherina anti-batterica,
la mia vicina forse aspetta un figlio.
Tutto sembra un transito indistinto
un ciclo macchinale di attesa e contaminazione.

*

*

Immagine: Mariano Rossano, Una vita (2003)

One comment

Submit a comment

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...