Su “L’estate di Gaia” di Alessio Paiano

di Alessandro Mantovani

*

Seguendo le orme di altri pensatori critici verso il capitale come Mark Fisher, in uno dei suoi libri più recenti il filosofo Byung-Chul Han teorizza la feticizzazione del desiderio come elemento basilare per il funzionamento dei social. Facebook e Instagram muovono quantità enormi di denaro col solo intento di vedere beni di consumo sfruttando il tempo degli utenti. Specialmente su Instagram – il più attuale tra i due social – lo spazio personale si fa esposizione, la bacheca vetrina, aumentando il rischio che il privato venga esposto alla stregua di una merce. Così, l’utente libidinoso non avrà altro che l’illusione di poter scegliere ciò che desidera, confondendo persone, partiti, paesaggi, animali con prodotti – o assimilandoli ad essi.

Appare dunque perfettamente normale che sul treno la mattina mi trovi circondato da uomini bianchi eterosessuali di mezza età intenti a osservare i profili di  donne o ragazze e a scrivere loro, insistentemente, come a pretendere un diritto, una prelazione dovuta, su ciò che vedono.

Equiparabile ai miei quotidiani compagni di viaggio è CP, protagonista della raccolta L’estate di Gaia (musicaos editore 2018) dell’esordiente Alessio Paiano. CP sta per CamiciaPezzata, uomo di mezza età, bianco, italiano, etero; il classico angry white male appartenente a una piccola borghesia frustrata e depressa tutta contemporanea. CP si innamora di Gaia_91_ una instagrammer e da lì parte la trama che sta alla base del libro. Raccolta di poesie tematiche più che poema vero e proprio L’estate di Gaia presenta una notevole varietà di strumenti poetici: liriche tradizionali si susseguono a tavole grafiche, poesie capovolte, in forma di questionario, testi dialettali, versi fuori allineamento, emoticon e altro ancora in un linguaggio poetico tra l’avanguardia novecentesca e il digital. Come elemento coesivo in questo guazzabuglio l’ironia dell’autore – a volte un po’ forzata – cerca di porsi come strumento dissacrante non solo verso la vicenda di CP, ma, allargando il campo, anche nei confronti dei rituali borghesi (l’aperitivo, il sabato sera, il fitness, ecc) e, in ispecie, verso il mondo digitale, stigmatizzato dall’autore come specchietto per le allodole, antonomasia dell’ipocrisia.

Così, la triste vicenda di CP – che dopo aver ricevuto un silenzio dopo l’altro da parte di Gaia confonderà la realtà fisica con quella virtuale tentando di eliminare i propri profili web e reali – diventa il punto di partenza per una critica agli hard times contemporanei, per mezzo di versi che forzano la struttura della frase, procedendo per omissioni e accumuli, in tensione – non sempre riuscita – tra la sintassi canonica, l’elenco e una sorta di paroliberismo. L’operazione poetica di Paiano si configura a ben vedere carica di una forte vena eversiva nei confronti della materia affrontata (la società) e dello strumento utilizzato (la poesia), ma forse è proprio in questo aspetto che risiedono pregi e vizi del testo. Di certo infatti, questo atteggiamento irrequieto conduce a una varietà di mezzi così ampia da confondere il lettore sulle intenzioni dello scrivente.

Se a un dato momento può sembrare che il libro vada letto come un’installazione artistica, subito dopo ci troviamo di fronte a procedimenti da prima avanguardia e dopo ancora a liriche tradizionali, dove i modelli (Eliot, Sereni, De Angelis) emergono sempre ingombranti e manifesti ad indicare la strada del testo. Pare che l’autore non abbia saputo ancora trovare una strada personale, non riuscendo a rendere omogenea una rosa di modelli culturali extrapoetici che va dal teatro di Carmelo Bene – di cui Paiano è studioso – al rock dei Pink Floyd. Se dunque l’operazione di Paiano come esordiente resta apprezzabile nel suo intento destrutturante sembra a tratti che manchi il coraggio di portarla fino in fondo, non solo evitando di perdere l’orientamento tra i modelli, ma anche impedendo che alcuni di essi – in particolare la lirica della tradizione – lascino agire il loro influsso normalizzando alcuni luoghi del testo.

Ciò che resta alla lettura, tuttavia, non è un’impressione negativa. Nonostante una celata dose di moralismo, colpisce in Paiano la capacità di mettere a nudo – nei passaggi in cui il gioco linguistico risulta efficace – la psicologia deteriorata dei suoi personaggi (Gaia che induce il vomito per rimanere magra; CP che si fa stalker), l’ansia libidinosa, la prestazione che li muove come una psicosi collettiva veicolata dall’esistenza digitale di cui siamo tutti un po’ colpevoli e conniventi. L’estate di Gaia, diversamente da molti esordi insipidi, tenta di dare una prospettiva forte sul tempo presente, mettendo in luce in maniera teatrale e oscena quelli che ora sono gli squallidi drammi accessibili alla piccola borghesia.

*

Boomerang video

E Camicia Pezzata ancora naviga
è un vecchio capitano a caccia;
di tanto in tanto lo minaccia una marea
d’informazioni che sempre l’annega

non può dormire senza un occhio
sulla tua bacheca e prega e prega
che tu condivida la messa in piega
il collo sudato, il culo palestrato

come ci piaci Gaia bella beota
il tuo sguardo che si svuota
in continuare la tua storia
da te riavvolta riaggiornata
in boomerang di cosa morta
per apparire morta
come t’hanno consigliato
le modelle dal costato trucidato
le puttane dello Stato-delle-cose

«E ti vedo ti vedo
onorare questo credo
In ginocchio sull’altare
tu sei pronta a lacrimare
Ogni volta che sei sola
con due dita in gola»

*

*

*

Scorrere scorrere
nel necrologio virtuale
la tua foto ritoccata
E sì ecco il mio like
tra file di ammiratori
stanotte è un addio domani chissà chissà

 

Dammi un segnale Gaia! Sono il tuo miglior cliente il tuo più grande pellegrino ma perché non rispondi più Dai che ieri scherzavo dai che ieri volevo solo Trovarci per prendere un caffè io e te soli Rispondi rispondi sei una bellezza rara brutta puttana M’incanto a contarti i capelli zoommando E ti vengo a cercare T’intono un canto Sotto la finestra al modo di un tempo Non ci sono più le donne d’un tempo T’ho vista a San Lorenzo sulla spiaggia com’una dea mi hai aperto il cuore spalmato sulle dune sei andata con quello Ho fatto qualcosa non dovevo ti ho comprato un libro Non ti deve toccare non vorrei mai ti voglio toccare Possiamo uscire insieme Gaia e parlare Noi due ti ricordi ti ho incontrata correvi in campagna la fermata del treno correvi avevi una sciarpa rossa e il seno fuori So che soffri sei chiusa nella tua stanza Non vivo senza te non puoi vivere senza me Mi ami mi ami mio amore muori mi ami mi ami mio amore muori Un’ultima occasione Usciamo usciamo da questa prigione.

*

Immagine: Petra Collins (2019)

Submit a comment

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...