Nuove forme

Dico: sono animali con un odore speciale.
E dico: non fa nulla, sono anch’io come loro.
B. Brecht,
Del povero B.B. (1921)

Il percorso che formavera ha seguito in questi anni, fin dalla sua nascita nella primavera del 2013, è sempre stato orientato dal tentativo di delineare – in primis come forma di consapevolezza per sé – una modalità condivisa di guardare alla poesia, dunque alla realtà. In un contesto costituito soprattutto da voci isolate, da intenzioni plurime ma disgregate, si pensava che il confronto e l’elaborazione fossero gli unici strumenti affidabili per tornare a concepire la poesia come forma di conoscenza, visione del mondo, processo di crescita individuale e collettivo. Poesia come vita, insomma, con il massimo della serietà e dell’intransigenza possibile: assumersi la responsabilità dei propri gesti e delle proprie scelte come condizione indispensabile del proprio scrivere. Per questo l’elemento principale di formavera erano gli editoriali, perché lì, se da un lato emergeva tutta la fatica necessaria all’edificazione di un noi, dall’altro – sempre lì – si cristallizzavano le letture, i discorsi, le discussioni dei mesi precedenti. L’editoriale era la direzione da seguire e da negare, la messa a nudo di una riflessività collettiva e la messa in forma che investe il campo euristico e teorico. E nell’editoriale, svelando le carte, stava il nucleo sempre dibattuto della nostra scrittura, ovviamente diverso fra persona e persona, eppure indiviso nell’orientamento e nelle ragioni della propria ricerca. Ripartire da una griglia vuota, da un campo di possibilità, da un procedere per sottrazioni: questo scrivevamo nel maggio 2013 e da qui, oggi, ricominciamo. 

Ogni ripartenza tiene assieme inevitabilmente i lasciti del vecchio percorso con le idee e le necessità del presente. La nuova stagione di formavera ricorderà molto la precedente, ma con alcune variazioni che progressivamente sveleranno un nuovo cammino. Il sentiero non dovrà mai dimenticare la propria ubicazione storica e sociale, pena il solipsismo più tremendo, quello di chi crede di conoscere il mondo perché non vede le sbarre alle proprie finestre o l’incombenza delle proprie pareti. Stare nel proprio tempo ed esserne all’altezza: ancora ci crediamo. Ecco che questo soggetto che parla e che si muove, che preme i tasti del pc definendo una sintassi, avrà valore solo in quanto centro di enunciazione iper-consapevole, noi soffocante e soffocato, fenomeno tra i fenomeni: un soggetto in grado però di rischiare, di assumere una posizione, di percepire i propri limiti come un dato obbligato e ineliminabile dal quale ripartire. E allora proveremo a conservare quel coraggio (e quella sfrontatezza) che ci spingeva ad accettare a tal punto la propria condizione – e il suo essere eterodeterminata – da sfruttarla come impulso alla formalizzazione. La consapevolezza della parzialità di tale punto di vista sarà una ragione in più per costringerci a considerarlo nel modo più serio possibile. Non ci pare più il tempo per utilizzare le debolezze dell’io come scusa per una propria deresponsabilizzazione; un atto etico è ancora necessario. 

Agire eticamente, a quest’altezza, significa anche separare e dividere, e cioè criticare. Ogni lunedì condivideremo con ə lettorə contenuti scelti attraverso due strumenti di sonda: la pluralità del codice e la coerenza del discorso. Riteniamo indispensabile l’impressione di una forma, il setaccio di una linea nelle sue possibili varianti e declinazioni – desumerla dal testo d’arte (edito, inedito, in traduzione) quanto dal saggio critico, individuarla nella recensione e nell’analisi –, riconoscere in ognuna di queste forme il gesto che è minimo comune multiplo, accogliere l’oscillazione e ricondurla alla definizione. È un esercizio d’onestà che richiede silenzio: formavera si impegna a pubblicare un solo articolo a settimana, nel rispetto della parola, dello spazio in cui si immette, delle coscienze che la assumono.

Ripartiamo dunque con una nuova redazione, nuovə collaboratorə, nuove grafiche, nuovi layout e un nuovo linguaggio. Seguendo la proposta della sociolinguista Vera Gheno, già adottata dalla casa editrice effequ, abbiamo deciso di usare una lingua inclusiva, che non protragga discriminazioni di genere e superi il binarismo. Per questo, nei nostri editoriali e nei saggi, troverete lo schwa (ə) al posto delle comuni forme maschili sovraestese. Nuove forme per una nuova forma vera, rivendicando la possibilità di relazionarci all’opera come strumento di crescita, di formazione e di conoscenza individuale e collettivo. Solo attraverso un processo di interiorizzazione di ciò che ci ha preceduto e di autoresponsabilizzazione di fronte al presente sarà possibile reperire nuove modalità di espressione per la nostra voce. 

La redazione

Per scaricare l’editoriale in PDF: Nuove forme. Editoriale

Immagine: Giulia Modi (2018)

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