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Paesaggio XIV
Qualche volta sul paese
passa un elicottero e tutti ascoltano
il suo canto: è un lamento generale
che scende sui palazzi e cresce,
arriva a un picco, poi scema
lentamente, come se avesse ogni volta
un’ultima cosa da dire.
Ma se esci in balcone ti accorgi
che la giornata è di quelle da lasciare
senza fiato, l’elicottero è sparito nel sole
che divora l’orizzonte,
e il silenzio l’azzurro e la luce
compongono una gioia che è più grande,
sta lì in alto e non è di nessuno,
ma oggi tra le cose che tocca ci sei anche tu,
come un bambino che per caso
capita in mezzo all’allegria dei grandi
e gli scappa da ridere senza un perché.
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Sulla veranda
Ecco gli uomini: stasera
sono usciti tutti,
parlano sulla veranda
o danno da bere alla menta, sono belli
così lontani e in movimento,
scorrono sulla superficie del mio mondo
e non sanno quanta nostalgia
ho di loro. E io potrei
toccarvi se volessi, prendervi
e portarvi chissà dove, vorrei tanto
correre a giocare con voi,
conoscere tutto delle vostre vite,
ma questo forse rovinerebbe qualcosa,
o comunque sarebbe diverso
da quello che esiste adesso tra noi,
ora che la vostra muta presenza
mi basta, e sapere che ci siete,
che per voi non sono niente
che non posso farvi male.
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La casa di fronte
Oggi la casa che ho di fronte
è tutta alla luce, tutta per intero
rivolta all’esterno: non tiene per sé
neanche un angolino, quasi
non avesse più vergogna, e appare
grande come non lo è stata mai,
troppo esposta per essere
completamente visibile.
Così un sorriso raggiante,
che in un punto raccoglie sé stesso
e i sorrisi del passato e quelli
di altri, e questo non entra
in uno sguardo tutta questa umanità
come fare veramente a riceverla?
Così una piazza piena,
con le persone sedute
e qualcuno che tira una palla,
tutta una vita all’aperto
espressa in una manciata di gesti:
così abbiamo chiarito ogni malinteso
e ci siamo incontrati qui, in superficie,
dove non c’è bisogno di nascondersi.
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Adesso c’è il viso di mia madre
che mi parla con la voce di un’altra,
ha un sorriso che le cresce lentamente
fino a diventare più grande dello spazio:
è questo il sogno della specie
dove c’è tutto il meglio della vita,
se stiamo sempre insieme
nessuno sarà vecchio, saremo tutti
a un tempo madri e figli
smarriti in un solo rifugiarsi reciproco
come la casa di un’infanzia felice,
donaci un cuore puro e generoso
e finalmente potremo dimenticarci di noi,
scendere in silenzio dentro questo amore
pulito, totale, senza confini.
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Qualche mattina ti svegli e non senti
né gioia né dolore, la giornata è una cosa
che si fa, come una costruzione semplice,
un sogno come essere disperati
o preparare il pranzo. Camminare
è camminare dentro uno o due pensieri centrali,
che qualcuno ha pensato una volta
e poi sono rimasti fuori, sono cresciuti
e ora non entrano in tutta una lingua.
E dici buongiorno fatto un bel sonno
era buono il caffè e le frasi hanno un peso
che è loro e cadono subito via dalla voce:
ora si è fatta nuda e bella come un suono
dentro una chiesa, arriva da tutte le parti
e non ha niente da dire se non
questa nostra appartenenza.
Se lo ripeti buongiorno buongiorno è già casa
dentro una notte conosciuta, senza desideri.
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Immagine in copertina di Valentina Panarella.