Penso a una mappa un po’ stravolta della mia famiglia, per restituire la mia disappartenenza ad essa. Nello sfondo di oliveti brutti mezzi bruciacchiati, e di salici cercati in un parco, nei momenti di sosta da una giornata piena di routine, cioè sotto le soglie degli spazi che ricordo a pezzi, ci sono bruciature: la tela è bruciata, ma non mi dice niente e le parole partono da questa scottatura.
PRIME LINEE BRUTTE
Magari chissà dentro questi pini di Aragona Parque Grande
Saragozza, si trovano:
la zona Falcata o i traghetti, le verifiche
il corteo 2010 con il concerto dei Sexy Punch,
dentro i pini la prima notte solo,
Livorno rifiutata dentro il nonno. Poi i pasti nei piatti
e le parole sui soldi.
Quelle che si lamentano degli erasmus, padrone
di appartamenti, o quelli che
cielo, aghi di pino, colore bruno
bevono arachidi con gli occhi
di chi parla al telefono;
e la gente, questa, che corre nel parco per il progetto di stare bene
non è nulla,
a confronto di mia nonna
(prenditi il rischio delle tue dolcezze mi dicono le stelle)
che proprio ieri mi ha chiamato mi sono girato
e non c’era.
Era solo la sua voce,
il suo fiato, da gufino:
Non andare non andare alla filmoteca,
non stare da solo,
fai altro. Fai dell’altro. Non credo alludesse
al giro di chiave da dare ai pianti,
non parlava delle foglie
rotte o la pioggia.
Ha visto in me
la vecchiaia brutta. Ha ricordato il quando
mi sono affacciato in canottiera dal terrazzo
e ho detto che avrei vissuto per sempre
per avere terrazze sempre più belle.
A NOVEMBRE PERDE I SENSI
Oggi piove ma il cielo è sorprendentemente bianco
un albume da cui non scenderà nulla
di contrasto alla nebbia di ieri.
Quando è così – mio padre ripete – agli occhi viene malditesta.
Vedo in effetti
gli stessi nervi dell’occhio incriccarsi
nello sguardo, pesante,
di quello che cammina con le buste inclinato.
Le scarpe rumorose d’acqua e l’acqua
che scricchiola attorno alle caviglie
e poi sale, ci vuole un secondo, e blocca. L’acqua blocca la gola.
….
Così a volte mi prende, felpato,
da dentro di me, il pensiero che
mia madre è psicastenica. O che insomma abbia poche forze (o nulla).
Che senta quindi cadere da su,
sentendoli come colpa sua,
i vasi delle case sulla testa.
Mia madre andarsene
con della terra in bocca
e non ricordarsi se ha dato
alla pianta acqua, respiro.
GIARDINI
Taglia il giardino senza pensare nulla sembra
i suoi gesti son contenti di se stessi ma non comunicano con nient’altro
così come i suoi occhiali e il labbro inferiore prima di mangiare: pendono.
Da un’altra parte, la parte della bellezza.
Un anno fa i bambini sollevati nel giardino:
uno aveva gli occhi lancinanti azzurri
pareva svolassero ovunque e invece volevano solo
che io e un amico li prendessimo cadere, e tirarli su.
Poi facevano tutte le risate. Perfino una panchina
era così comoda: le viti esattamente fresche, lì per il caldo.
Finito di tagliarlo chiede una scaletta: deve sistemare o rattoppare
il tetto che perde da una specie di botola. Ha passato una vita
a fare lavoretti semplici, non ha la tempra
di uno che aggiusta con le vene che rigano gli avambracci. Anzi
gli piace il momento di mangiare la cena dopo che la si è preparata
per lui con tiepido amore. Si siede ma non sente nemmeno
di aver fatto qualcosa: sì l’ho fatto, si dice, tutto qua. Comunque prende
la scaletta la sistema e fa un passo, guarda in
basso: – Tiene?
se solo l’acqua entrasse… entrasse
e di sotto lui annaspa
finirebbe annegato
se solo avesse vissuto in un paese di mare
affogando smemorato, morirebbe così. Continuo a
spingere su e giù i bambini pensando a lui.
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Immagine: Bartolomeo Rossi