Premessa e traduzioni di Matilde Manara
Ann Cotten è nata in Iowa nel 1982. È cresciuta e ha studiato a Vienna, dove ha conseguito un dottorato in letteratura tedesca con una tesi sulla poesia concreta. Poetessa, traduttrice, scrittrice e performer, prima di pubblicare i suoi versi Cotten si è a lungo esibita nei caffè letterari delle scene underground austriaca e tedesca. Ispirandosi alle avanguardie di inizio secolo, alterna l’inglese e il tedesco, mescolando strutture grammaticali proprie dell’oralità con le forme metriche della tradizione. Il suo libro d’esordio, Fremdwörterbuchsonette (Sonetti da dizionari stranieri) è uscito per Suhrkamp nel 2007, seguito da Florida-Räume (Spazi in Florida, 2010, sempre per Suhrkamp), una sorta di reportage in prosa e poesia nel quale la riflessione saggistica si sovrappone al racconto onirico. Tra i suoi lavori più recenti, il poema epico illustrato Verbannt! (Bloccato!, 2016, Suhrkamp) e i racconti Lyophilia (2019, Suhrkamp). Cotten vive attualmente tra Berlino e New York.
*
Metonimia, noi
Parlo io per te, tu lascia perdere.
Lascia perdere, dico. Stai
calmo, dico, io formulo,
così, quando ho finito, possiamo entrare.
Scrivere poesie, dici, ti stanca terribilmente.
Dire io mi sfinisce ancora di più, dico.
Allora dispiega il tuo noi, lui ci significa entrambi,
e facciamoci sopra un picnic. Davvero,
la parola mi esce a fatica dai denti,
battono forte l’uno contro l’altro
quando tu vuoi dire me, io voglio dire te, e una smorfia
basta a spingerci in una corrente di armonia,
chiediamo: lo vogliamo? Tu dici: io sì.
E tu? mentre mi aggrappo ai tuoi denti.
Versa da bere! Merum ci farà galoppare
per tutto il pomeriggio
nel tannino, il pesante, rossastro
nero vestito degli, sì, degli scambi d’identità.
Chiusi a chiave finché non saremo né fuori né dentro,
solo sibilando le lettere
sapremo di chi sono le iniziali
che stiamo scavando adesso nel faggio
col mio coltello. Il tuo è troppo piccolo
e si piega se prendi male
l’inclinazione. Sto per incidere ‘‘TU”
quando mi fai vedere la tua opera: incidi ‘‘ELVIS’’
Okay, facciamo degli errori. Eppure ride
dei nostri tentativi il nudo essere.
*
Metonymie, wir
Ich sprech für dich, lass gut sein.
Lass gut sein, sag ich. Sei
beruhigt, sage ich, ich formuliere,
da können, wenn ich fertig bin, wir beide rein.
Das Dichten, sagst du, macht dich schrecklich müde.
Das Ich-Sagen erschöpft mich mehr, sag ich.
Breit doch dein Wir aus, du, das meint uns beide,
und dann machen wir Picknick drauf. Wirklich,
ich bring das Wort nur schwer über die Zähne
hinaus, sie schlagen hart gegeneinander,
wenn du mich meinst, ich dich und Grinsen
allein kann in ne Harmonie uns schwemmen,
wir fragen: wollen wir? Du sagst: Ich schon.
Du auch? Während ich mich an deine Zähne lehne.
Schenk ein! Merum schlägt dich und mich
über den ganzen Nachmittag in
den Tannin, das schwere, rötlich
schwarze Kleid der, ja, Verwechselungen.
Verklinken, bis wir weder aus noch ein,
nur schwirrend wissen von den Buchstaben
zu schließen mehr, wessen Initialen
wir nun tatsächlich in die Buche graben
mit meinem Messer. Deines ist zu klein
und klappt zurück, wenn man den Winkel falsch
berechnet. Bin dabei zu ritzen “DU”,
als du dein Werk mir zeigst: du ritztest “ELVIS”.
Okay, wir machen Fehler. Doch es lacht
ob unsrer Anstalten das blanke Sein.
*
Discorso alle aiuole
Aiuole, ascoltate un attimo per favore. Ho pensato di scrivere questo trattato in versi. Per un po’ mi è sembrata una buona idea e l’ho coltivata. Poi è sparita e credo sia meglio così. Perdonate dunque le righe irregolari con cui mi rivolgo a voi. Non c’è quasi niente dentro: una per gli uccelli, una per gli altri uccelli, una per la morte e una che forse potrebbe sopravvivere. Perdonatemi. Battute troppo grossolane affilano il concime con cui volevo coprirvi, è quasi sgradevole, una specie di graffio o raschiamento che si sente, a volte, quando la vanga incontra una pietra, ma io voglio andare più a fondo. Voi questo lo sapete meglio di me, nel bene e nel male. Spero di smuovervi fino al midollo, anche se per farlo dovessi entrare in una buca aperta sotto di me e magari slogarmi qualcosa. Vedete, dico sul serio e non risparmio nessuno. Per contro, avete la mia parola che stenderò su di voi teli così leggeri che la rugiada di ogni riflessione, il rimuginare di un’intera primavera vi sarà addosso ogni volta che una brezza leggera scosterà il riparo promesso, lieve come la promessa stessa, in un moto di onde simile al mare in teatro. È questo che volete? Vi chiederò più tardi, quando il mio tentativo sarà finito, se è questo che volevate, perché so già che non posso avere una risposta chiara nella fase preliminare, queste sono solo disposizioni, e confido nella vostra benevolenza quando, una volta che tutto questo sarà finito, mi farete l’onore di stare tra voi.
*
Rede an die Beete
Beete, hört nun kurz her, bitte. Ich habe überlegt, diese Abhandlung in Versen zu schreiben. Es düngte mich eine Weile eine gute Idee. Die verschwand, zu recht, wie ich meine. Verzeiht mir also die unregelmäßigen Zeilen, in denen ich mich euch aussetzen werde. Es ist kaum was drin: eins für die Vögel, eins für die anderen Vögel, eins für den Tod und eines, das möglicherweise überleben könnte. Verzeiht. Zu fette Witze schärfen zuweilen den Mulch, mit dem ich euch belegen wollte, an die Grenze der Unannehmlichkeit, einer Art von Kratzen oder Schaben, das mitunter auch zu merken ist, wenn Spaten an einem Stein vorbeigeht, aber ich etwas tiefer davon haben will. Das kennt ihr wohl oder übel gründlicher als ich. Ich hoffe euer Mark zu erschüttern, und wenn ich dabei in einen sich auftuenden Schacht trete und mir im günstigsten Fall etwas verrenke. Ihr seht, ich meins ernst und schone niemanden. Im Gegenteil, hier habt ihr ein Versprechen, ich werde solche Planen über euch ausbreiten, dass das Kondenswasser allen Überlegens, das Brüten eines ganzen Frühlings über euch hereinbricht, sooft eine leichte Brise die versprochene Behütung, leicht wie das Versprechen selbst, zu Wellen ähnlich einem Meer im Theater bewegt. Wollt ihr das? Ich werde euch später, wenn mein Versuch zu Ende ist, danach fragen, ob ihr das gewollt habt, weil mir schon klar ist, dass ich mir im vorläufigen Stadium, dem lediglich der Bestellung, keine klare Antwort abholen kann, und vertraue auf eure zuneigungsvollen Informationen, wenn ich, nachdem dies alles vorüber ist, unter euch mich aufzuhalten die Ehre haben werde.
*
Fuga strana
E la gente veniva e guardava, l’anello tra le dita.
Come parla la gente! “Dove sarebbe la bugia?” e ancora:
“Dove sarebbe la bugia?” perché senza saperlo le canzoni
avevano scoperto il congiuntivo presente, un modo
più dolce di quanto permesso dai tempi.
Più galanti
e più false sono le parole dei ministri della cultura.
Sono abituati a esprimersi con eleganza, a chiudere con
delle tavole gli interstizi più squallidi, a mettere ringhiere e
ad alzarcisi sopra anche quando sono storte, parlando
senza alcun preavviso, di modo che tutti vedano
quanto è facile.
Ma uno non significa tutti, no!
L’eccezione difesa con ferocia veste meglio colui che sa
come distinguersi dalla massa. Lui sarà sempre una
maniglia, mai un artiglio.
Con i loro abiti leggeri i soci hanno fatto respirare le ferite.
Dicevano di capire cose che arrivavano come
gru giganti, così li abbiamo trattati come
dei, dei irregolari attaccati agli orli dei clienti.
Nuvole coi pantaloni, i nomi dormienti, questi
vagavano a sciami, sciamavano come animali e sputarono
veleno quando furono ribaltati e sbalzati fuori. Mischiavano
affetto e terrore, l’amore era orrendo; le malelingue
guardavano le macchie ingrandire e allargarsi al suolo.
Loro cercavano a strani salti di dire qualcosa. Ma la gente girava e rigirava l’anello.
Non volevano fare quel passo perché sapevano che almeno così i loro problemi sarebbero stati al sicuro, separati dalle soluzioni che gli facevano paura.
Così vissero a lungo con un peso sullo stomaco, spiando il nemico e disprezzandolo.
*
Seltsame Fuge
Und es kamen die Leute und schauten, den Ring in den Fingern.
Wie die Leute sprachen! “Wo bliebe die Lüge?” und wieder:
“Wo bliebe die Lüge?” Denn ungewusst hatten die Lieder
den konjunktivischen Präsens gefunden, einen linderen
als eigentlich die Zeiten erlauben.
Galanter
und falscher drücken sich die Kulturträger aus. Sie
sind gewohnt, elegant alles zu meistern, grausige
Zwischenräume mit Platten zu decken, Geländer
einzufügen und, wenn es auch schief ist, darauf zu stehen
und merkmallos zu reden, dass alle sehen
wie leicht es ginge.
Einer sind aber nicht alle, nein!
Die wild verteidigte Ausnahme kann leicht kleiden
den, der es versteht, das meiste zu meiden.
Er wird immer Schnalle, nicht Kralle sein.
Mit ihrer leichten Kleidung befächelten Gesellschafter Wunden.
Sie behaupteten, Dinge zu verstehen, die wie
Riesen-Krane kamen; da nahmen wir eben sie wie
Götter hin, unregelmäßige Götter an den Säumen der Kunden.
Diese, Wolken in Hosen, die schlafenden Namen,
irrten in Schwärmen, schwärmten wie Tiere und zischten
Gift, wenn es kippte und sie abwarf. Sie mischten
Mögen und Furcht, die Liebe war schrecklich, die Spötter
beobachteten sich ausbreitende Flecken.
Sie versuchten durch seltsame Sprünge ihnen etwas mitzuteilen.
Die aber drehten und drehten den Ring und drehten ihn.
Sie wollen diesen Schritt nicht tun, so wussten sie
die Probleme sicher getrennt von den Lösungen, die sie schaudern ließen.
So lebten sie mit Sodbrennen lang; erspähten den Feind und verschmähten ihn.
*
Si siede, si adatta, mi toglie il respiro
È tardi, sputiamo sulla ringhiera, Alexander
A. Leach[1] se la fa con Cary Grant in abito da sera
e l’uccello grida : “più stile, grazie”.
Marianne mi pulisce i fornelli e mi ruba un orecchio,
e io con la coscienza sporca intono poesie
che iniziano così
Oh Marianne, why do you do what you do that way
mi guidi
nei dintorni
Sunday Morning, Kettwurst[2] per tutti e macchie di Ost-Sauce
jet-settato e schizzato ovunque. Calde lacrime e
silenzio tranne lo scricchiolio della porta del bagno. Lì si erge la famosa palma e proprio lì io ululò “Ahi”
Marianne solleva i piattelli del gas
io mordo un pezzo di pizza al salame e saltello ululando come il più verde dei cani Marianne gratta
mentre io dico
“Marianne tu sei pazza” Marianne dice “Oh no, lo faccio
volentieri” allora io faccio il ballo di San Vito in frac
solo per lei
la differenza è che una bicicletta non è sarcastica quando pedala. Io agito
i fianchi e mi lascio cadere dalla sella della mia Puch[3] sull’asfalto e sto lì
per un po’, stesa nella pozzanghera del mio respiro sbandierato, immobile come una risata
Strofinami Marianne e io farò le più belle poesie
*
Sitzt, passt, raubt mir die Luft
Fällt spät wir spucken aufs Geländer, da knutscht
Alexander A. Leach mit Cary Grant voller Abendkleid
und der Vogel ruft: “Mehr Stil bitte.”
Marianne putzt mir den Ofen und raubt mir ein Ohr und
ich röhre vor lauter schlechtem Gewissen Gedichte die beginnen
Oh Marianne, why do you do what you do that way du treibst
mich in die Umgebung.
Sunday Morning, Kettwurst für alle und Schnitzer von Ost-Sauce
jet-settet über alle Fronten eingetrieft. Heiße Tränen und
Stille bis auf das Knarren der Tür zum Bad. Da steht die bekannte
Palme und ebenda heule ich “ach”
Marianne hebelt die Gasdüsen aus
ich beiße in eine Pfefferoni und hopse
herum jaulend wie der grünste Hund Marianne schrubbt ich sage
“Marianne du bist ja wahnsinnig” Marianne sagt “O nein, du, ich bin
freiwillig.” und ich fleißig Veitstanz im Frack
nur für sie
Der Unterschied ist ein Rad radelt nicht sarkastisch. Ich klappere
mit den Flanken und schlage mich vom Puch auf den Asphalt und liege
noch etwas da in meiner Fahne heftig wie einem Lachen atmen mich hörnd
Wisch mich auf Marianne und ich mach die schönsten Gedichte
*
[1] Alexander Archibald Leach è il vero nome di Cary Grant
[2] Combinazione di “Ketchup” e “Wurst” il Kettwurst è il nome dato all’hotdog a Berlino. E anche il cibo iconico della Germania Est
[3] La Puch è una marca di motociclette da cross molto nota in Germania
Per scaricare le traduzioni in PDF: Ann Cotten, Poesie
*
Immagine: Giulia Gamberini