Massimiliano Cappello – Inediti

S’effacer

Salmenega, 15 novembre 2015

I

Poi ci siamo entrati per davvero, in quella sala
dove la cenere a terra pareva la sola credibile
testimonianza di una fedeltà materiale

e tu tra noi sovraccoperta, ma come
per rianimarli                           dire ci sono ancora
e in cambio chiedo solo questi sguardi vostri
e un po’ distratti

e questi scampoli di sole assieme che ci restano
prima che sfumino anche loro e voi

su questo darci e toglierci la vita                     
a seconda che si leghi o che si spieghi

*

II

cosa significa l’immagine di te che conta
fino a venti abbarbicata a un platano
che hanno tagliato mesi fa come un’infanzia
mutila irredenta «sola patria» ecc. ecc. 

e questo parco affollato dai bimbi
che non saremmo in ogni caso stati
tra questo cloro e questa iprite che la palta cela
e il fango

e l’erba che ricresce a stento e sempre tra le case altrui
dentro i quartieri resi ormai impensabili da questa pace
ricomposta tra il colmeda e le tofane

cosa significa se non che come tante e tanti
e poi per tutte e tutti               la stampella
di una lingua-specchio dell’offesa

batte o duole solo in questa bocca sempre aperta       
ma che ci allontana

*

Sé e s’è fatta

I

Torna sempre come con l’amaro
nella bocca

tiene insieme a stento il tic 
il nervo il fiotto di g-ramaglie
nella bocca

e le dolenti tue e le estreme 

**********************************e ancora

non essere quel solo modo
il nodo che si scioglie             nella bocca
non esserlo

*

II

non esserla

la voce-squillo il trillo la notifica 
la push-er la pull-over             dose 

e dopamina in trito fina fina
da ricerche-cherche tra gli attualmente popolari
(noi che non siamo delle popolari)

e si va  si va per campi e minati          a cercare (un fiasco)    
una ciocca di mine da saltarci tra questi tetris-palazzi 
e tetre vicende e queste mf-inestre in uffici riscaldati nine-to-five
che le ingoi o le salti                e viceversa
(«sono belle occasioni, sono “soddisfazioni”»)

e si va              per la malavita e la vita bela-to            
col canto e il ricatto                 e la cagna-carogna        
di chi da sempre è prossimo a insaevire          e chi a imbestiare
e chi si fotte soma e somi        e se ne fotte

(e ti, fradèl, che te te incordi               
e tu che ora per sempre
ti incordi)

[?]

*

III

cosa restate per un attimo millenni fa
lì a fare, cose

cosa

E perché dare ancora a loro a lei del tu
perché conoscervi una a uno              quasi foste       

e perché amare non amare adesso
le pornografie del riot, del rito
del ritalin in India ricettato

perché raggiungere tra poco il gruppo o andare avanti
(«un cappello-da-lago-di-sangue»                    e il mantello di neveclone amico)

*

IV

se fuori dalle città dei ricordi degli altri
(in questo incriticato quotidiano
***********************sopravviverci)

per queste tue montagne almeno e nostre aggirati aggiriamoci
mai più come dei servi e muti e multe e sussulti
e occultamenti e ispezioni e istruzioni
e ritrovi e ritrovamenti 

cache-cache
cascine

*

V

o città voi che sapete spegnervi
tenere a bada questa lady magra

e o voi cose che si invidiano    le gambe
i capelli la pancia
dei morti

e la tua voce alle mie orecchie nulla
ma quella di perotto sciantisante probo viro
nelle feste dentro noi   che ti richiama

giacomo, aggrappati se puoi
a questi palmi fatti in fondo
per portare gli occhi quando cadono
i versi quando scordano con chi vogliono fottere

*

nota a sé e s’è fatta:

e ti, fradèl…: «e tu, fratello, che te ne accorgi». sciantisante: «saettante». Due inserti di un forse possibile ma del tutto immaginario esito del dialetto feltrino.

I testi sono dedicati alla memoria di Giacomo Sartori.

*

Per scaricare gli inediti: Massimiliano Cappello, Inediti

Immagine: Massimiliano Cappello

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