1.
Dentro
è lo stomaco dilatato e satollo
del bulimico che bagna
il dito di una goccia d’acqua.
Che altro?
2.
La sarta
Sutura la parola le piaghe dei
nauseanti vuoti.
In terreo gelo rantolo cerco per
l’ago che sgretola le mie mani
il filo.
3.
Stanotte sono morta.
Senza funerale, senza bagno di lacrime. Una disgrazia grande.
Ho provato a confortare la mamma, ma era
un velo, ho abbracciato il babbo con un arco a vuoto.
Allora ho detto a Fede che ero lì, con loro.
Lui non ha risposto nulla, ha pulito col dito l’orecchio come un fastidio.
È successo all’improvviso con le macchie di sangue sull’asfalto e gli occhi lucidi.
Ho guardato lontano cercando i miei piedi dove non ero più io, ma solo
un manichino col rossetto rosso lì, sdraiata su un letto.
Mi sono seduta, come la marmellata nella credenza accucciata sul fondo del vasetto.
E il sottovuoto.
4.
Oggi ho preso una birra con un amico, credo.
Ed è bello credere, anche se il credere
delude quando viene da fuori.
Ed è bello credere alle bugie quando
dentro senti il bene, anche se non sai cos’è, ma qualcosa vibra.
E allora va bene la birra perché vibra.
E allora va bene credere perché vibra.
E allora respira il silenzio.
*
*
Quando sotto la doccia immergi
completamente la testa nel getto d’acqua
tieni la bocca aperta e la musica si ovatta e
rallenta, senti solo
il suono di quello scorrere che quasi è un fastidio
e pensi che anche i suoni abbiano una gerarchia
e uno vince anche il gorgoglio dell’acqua.
*
*
Ogni tanto così all’improvviso le cose parlano
e mi imbarazzo perché non capisco.
Come quando entro in camera, accendo
la luce e il letto, l’armadio, la polvere sulla mensola e il lampadario
in un flash si materializzano e chiedono
di spegnere, e lo faccio,
così che si senta la casa
sotto le suole delle scarpe
e il tocco nella parete.
*
*
Una poesia ha sempre almeno due movimenti. Uno dentro di sé, quando si carica, quando si costruisce e tu leggi che c’è creazione e non ti tocca perché germoglia, ma ti affascina. Poi si disintegra e cambia movimento e ti corrode da dentro e esce da sé stessa e entra in te e ti arriva e tu senti che ti tremano le guance e hai i brividi. Perché la poesia è un corridoio, è il corridoio tra il salotto e la camera da letto, tra la mia ragnatela e il nostro divano, ed è quando sta al limite e si affaccia su chi sta seduto a prendere il tè in attesa e ha il braccio teso verso il letto, è lì che respira, né prima, né dopo, quando ha troppo da dare, troppo da perdere.
*
Per scaricare gli inediti: Ilaria Crocchini, Inediti
Immagine: Gaia Ciolli