[In attesa di ripartire con un nuovo ciclo a settembre e per non lasciare soli i nostri lettori, durante la pausa estiva ripubblicheremo alcuni materiali usciti nell’ultimo anno. Questa premessa e queste traduzioni, a cura di Jacopo Rasmi, sono apparse il 20 febbraio 2017.]
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|C’è un comune destino orfico che salda alla comunità la traiettoria imponderabile e solitaria del poeta e quella dello sciamano. Un destino veritiero, ma quanto mai inconfessabile, raro, inattuale. Per il tempo in cui l’alta poesia per lo più disdegna (per cinismo o tragica umiltà) di segnare sul suo calendario la data messianica, come un compito. L’istmo in cui una vertiginosa askesis del poeta s’imbatte fatalmente nell’altro (come l’incontro fra due redenzioni) è difficile da localizzarsi, ancor più difficile da spiegarsi. Eppure Ted Hughes ne insegue il miraggio eroico nel nome di qualche cosa d’indistruttibile e ctonio che molte poesie delle rovine non possono ora testimoniare, che presuppone la volontà di un certo, poetico, transumanare. Che la verità della parola debba essere strappata, per tutti, da un cuore di buio e carne e fiorire dal silenzio di un’inumano senza verbo (per mezzo di un previo smarrimento terrestre) è una convinzione onerosa che Ted Hughes infigge nel ventre della sua poetica.
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Il falco nella pioggia
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Affondo nei solchi del campo battente, strappo
Un calcagno dopo l’altro al risucchio orale della terra,
All’argilla che afferra ogni mio passo alla caviglia
Con il vizio tenace della tomba, ma il falco
Senza sforzo tiene alto l’occhio immobile,
Le ali trattengono il creato in un’imponderabile quiete,
Ferme come un’allucinazione nella corrente aerea.
Mentre il vento picchia a morte queste siepi ostinate,
Tormenta gli occhi, mozza il fiato, aggredisce il cuore,
E la pioggia mi fende le testa sino all’osso, il falco regge
Il punto adamantino della volontà, stella polare
Dello sforzo del naufrago: ed io
Tozzo di sangue stordito, ghermito dalle fauci
Terrestri, alla conta dell’ultimo istante, mi trascino verso il fulcro
Sommo della violenza dove il falco si tiene fisso.
Che forse ad una sua ora incontrerà la bufera
Giungendo per una cattiva strada, capovolto, sopporterà che l’aria
Gli precipiti dagli occhi, le contee gli si schiantino contro,
L’orizzonte lo catturi; e, fracassato il cerchio angelico
Dell’occhio, confonderà il sangue del suo cuore con il fango terreno.
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The hawk in the rain
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I drown in the drumming ploughland, I drag up
Heel after heel from the swallowing of the earth’s mouth,
From clay that clutches my each step to the ankle
With the habit of the dogged grave, but the hawk
Effortlessly at height hangs his still eye.
His wings hold all creation in a weightless quiet,
Steady as a hallucination in the streaming air.
While banging wind kills these stubborn hedges,
Thumbs my eyes, throws my breath, tackles my heart,
And rain hacks my head to the bone, the hawk hangs
The diamond point of will that polestars
The sea drowner’s endurance: and I,
Bloodily grabbed dazed last-moment-counting
Morsel in the earth’s mouth, strain towards the master-
Fulcrum of violence where the hawk hangs still,
That maybe in his own time meets the weather
Coming from the wrong way, suffers the air, hurled upside down,
Fall from his eye, the ponderous shires crash on him,
The horizon traps him; the round angelic eye
Smashed, mix his heart’s blood with the mire of the land.
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Esci a pesca
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Raggiungi l’acqua, calati sotto-l’essere
Lascia svaporare le cervici nell’umida terra
Spirito sciolto via nella corrente
Ingoia fiume e gravità
Abbandona le parole
Cessa
Lasciati sollevare dai bagliori della linfa
Come se la creazione fosse ferita
Come se questo flusso fosse tutto plasma guaritore
Lasciati congedare da fango e sassi e foglie
Da strutture mostruose di fulminea irridescenza
Che si spalancano in sospensione
E si dileguano alla pressione dell’occhio
Lasciati fendere dalla corsa della prua,
Rapire dalla chiglia d’ombra e luce,
Dissolvere in flutto di terra, in lieve scossa di sole,
Disgregare nella colata di sole
Diventa traslucido — un groviglio d’acqua dipanato
Dalla deriva, e un peso di luce dal sapore terreno
Lacerato d’ali d’ombra
Mentre tutto ruota e scorre e si libra
Striscia fuori lungo radici, nuovo e innominato
In cerca di volto, rapprenditi in membra,
Lascia che il mondo torni, come un ospedale bianco
Gremito d’urgenze verbali
Tenta la parola, riescila quasi
Rigenerato al tempo e all’altra gente.
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Go fishing
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Join water, wade in underbeing
Let brain mist into moist earth
Ghost loosen away downstream
Gulp river and gravity
Lose words
Cease
Be assumed into glistening of lymph
As if creation were a wound
As if this flow were all plasm healing
Be supplanted by mud and leaves and pebbles
By sudden rainbow monster-structures
That materialize in suspension gulping
And dematerialize under pressure of the eye
Be cleft by the sliding prow
Displaced by the hull of light and shadow
Dissolved in the earth-wave, the soft sun-shock,
dismembered in sun-melt
Become translucent — one untangling drift
of water-mash, and a weight of earth-taste light
Mangled by wing-shadows
Everything circling and flowing and hover-still
Crawl out over roots, new and nameless
Search for face, harden into limbs
Let the world come back, like a white hospital
Busy with urgency words
Try to speak and nearly succeed
Heal into time and other people.
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I cavalli
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Ho scarpinato per boschi nell’ora buia che precede l’alba,
Aria cattiva, calma che fa brina,
Non una foglia, non un uccello,
Un mondo inciso nel gelo. Sono uscito sopra al bosco
Dove il respiro scolpiva volute nella luce ferrea.
Ma le valli già drenavano l’oscurità
Finché il profilo della brughiera — nero residuo del grigio avviato alla luce —
Dimezzò il cielo di fronte. Ed io vidi i cavalli:
Enormi nel denso grigio — dieci affiancati —
Immobili megaliti. Respiravano, senza mossa alcuna,
Le criniere drappeggiate e zoccoli posteriori inclinati,
Senza suono alcuno.
Sono passato: non uno sbuffò o scosse il capo.
Grigi frammenti silenti
D’un grigio mondo silenti.
In cresta alla brughiera ho prestato ascolto al vuoto.
La lacrima del chiurlo rivoltò il silenzio.
Lenti i dettagli sono fioriti dal buio. Poi il sole
Arancione, rosso, rossa eruzione
Silenziosamente e spaccandosi al cuore ha lacerato e spazzato le nubi,
Spalancato il golfo con una scossa, svelato l’azzurro,
E grandi pianeti sospesi —.
Mi son voltato
Incespicando in un sogno febbrile, giù verso
Boschi scuri, dalle cime infiammate,
E sono giunto ai cavalli.
Là, stavano immobili.
Ma fumando e brillando ora sotto al flusso di luce,
E la loro criniera dal drappeggio minerale, i loro zoccoli inclinati,
Fremendo al disgelo mentre tutt’intorno
La brina svela le sue fiamme. Ma ancora non emettevano suono alcuno,
Nessuno sbuffò né scalpitò,
Le loro teste sospese come gli orizzonti,
Alte sopra le valli, tra rossi raggi radenti —
Nel chiasso di strade affollate, attraverso gli anni,
I volti,
Possa io ancora incontrare la mia memoria in un posto così solitario
Tra rivi e nubi rosse, in ascolto del chiurlo,
In ascolto dell’insistenza degli orizzonti.
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The horses
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I climbed through woods in the hour-before-dawn dark.
Evil air, a frost-making stillness,
Not a leaf, not a bird—
A world cast in frost. I came out above the wood
Where my breath left tortuous statues in the iron light.
But the valleys were draining the darkness
Till the mooring—blackening dregs of the brightening grey—
Halved the sky ahead. And I saw the horses:
Huge in the dense grey—ten together—
Megalith-still. They breathed, making no move,
with draped manes and tilted hind-hooves,
Making no sound.
I passed: not one snorted or jerked its head.
Grey silent fragments
Of a grey silent world.
I listened in emptiness on the moor-ridge.
The curlew’s tear turned its edge on the silence.
Slowly detail leafed from the darkness. Then the sun
Orange, red, red erupted
Silently, and splitting to its core tore and flung cloud,
Shook the gulf open, showed blue,
And the big planets hanging—
I turned
Stumbling in the fever of a dream, down towards
The dark woods, from the kindling tops,
And came to the horses.
There, still they stood,
But now steaming and glistening under the flow of light,
Their draped stone manes, their tilted hind-hooves
Stirring under a thaw while all around them
The frost showed its fires. But still they made no sound.
Not one snorted or stamped,
Their hung heads patient as the horizons,
High over valleys in the red levelling rays—
In din of crowded streets, going among the years, the faces,
May I still meet my memory in so lonely a place
Between the streams and red clouds, hearing the curlews,
Hearing the horizons endure.
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Immagine: Juan Del Balso, Cavallo di metallo