Marco Giovenale, Il paziente crede di essere

sayaka ganz-lizard

[I testi che seguono sono tratti dall’ultimo libro di Marco Giovenale,  Il paziente crede di essere (Gorilla Sapiens, 2016)]

*

senza titolo

gira (“vorticosamente”), non è una giostra, non è il mondo, non è i pianeti, gira però

però non è la lavatrice, non si tratta di una parola sconveniente, o di più parole volgari, gira non essendo elettricità, né un motore, né il testo

non è questo testo, soprattutto, né sono io, non è l’io, non è il soggetto, gira non essendo un flâneur né una storia, o la storia in quanto tale,

gira realmente, non è una metafora, non è una nave, un timone, un volante, una ruota, un giroscopio, la testa,

né stiamo parlando della voce, di sicuro non è un indovinello, si osserva solo che gira, e non è un disco o un film, una canzone,

quindi un juke-box o un rullo o altre macchine, vhs, cd o altro, del resto non ha forma circolare, non è il matto che perimetra l’albero,

non è l’acqua richiamata dallo scarico, il mulinello, la tromba d’aria, l’indaffarata al supemarket, il guidatore che cerca posto, ma

gira con una sua veemenza, senza essere la galassia o alcun corpo celeste, tutto ha corpo ma questo non vuol dire,

non aiuta, non va a capo, gira semplicemente, non è una pagina, o l’esploratore, il girasole, il girino, il girone della commedia,

gira sapendo o non sapendo di girare? non è noto, però gira, non gira l’angolo, non è traffico di pedoni o mezzi qualsiasi,

non c’entra niente, gira per girare o per uno scopo? non si sa rispondere, mentre gira, e non è la domanda

né l’incertezza, né l’aereo, né l’elicottero, né la flotta, né la pattuglia, né la ronda, né la moda, né il ponte scorrevole, la trottola, la palla,

né la biglia, l’arancia, il caffè o qualunque bevanda, il solido e l’algido, il caldo o un liquido, né l’eccetera che soccorre

*

trama

scappano dalla lucertola gigante in taxi, un taxi costoso molto malandato molto veloce. del resto la fuga è problematica al punto da causare severissimi danni e incidenti mortali che però importano chiaramente meno.

la lucertola minaccia con arroganza i tornado e la swat e, come tutte le lucertole alte cento/centocinquanta piani impegnate a devastare i centri abitati statunitensi, ha qualcosa di fascista.

abbandonato il taxi (una ruota a terra) e saldato conto e supplemento, inforcano un elicottero sportivo in cui lei armeggia con scioltezza.

l’elicottero li porta retoricamente all’aeroporto, dove si imbarcano per la russia: il quadro li mostra intenti a bere una quantità di liquore guardando l’ansia nel finestrino.

le unghie vengono tormentate. il pagamento con carta di credito ha facilitato l’imbarco in corsa, indispensabile se inseguiti da una lucertola fascista di centocinquanta piani.

all’arrivo a mosca, un’ingenuità che nessun ingenuo sospetta make them think di essere in salvo finché dalla finestra dell’albergo non occhieggia un’iride a palpebra verticale: è la pubblicità di una lingerie, che li ammazza di paura ma anche li eccita e fanno sesso da morti.

il mediometraggio è civile, italiano, ha buone chance nei premi e sul corriere. imbattibile in termini di diritti e difesa del liberalismo dalle lucertole.

*

Immagine: Sayaka Ganz, “Lizard”

 

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