Marco Malvestio, Inediti

Jeff Wall - Summer Afternoons

Ovidio parla ai Geti
*
*
«Anche qui fa così caldo da star male, quando vuole.
Nell’ombra sottile dei dopopranzi di luglio, ancora nascoste,
le nostre contraddizioni rimanevano ancorate a tavola,
quando le ragazze erano qualcosa di più che una schiena
o un profilo, alla peggio, da catturare prima che svolti
l’angolo, bensì necessità svergognata, scandalosa abbondanza,
per l’insistenza della gioventù.
Non so se fui mai altro che giochi di parole, bugie per amor di pace,
navi naufragate al varo, terrore di perdere i capelli,
immerso come tutti, inconsapevole, nella Storia, e anche allora
solo come adesso, cieco come domani, stanco ma senza dirlo,
illuminato dai mediocri incendi lasciatimi alle spalle.

Ma noi nemmeno parliamo la stessa lingua».
*

*
*
Ovidio in autostrada prima di un temporale lascia un messaggio in segreteria
*
*
«Vedi, nonostante tutto, qualche cosa
c’è ancora, dentro l’aere gonfio
di ozono che chiama il temporale,
che devo dirti, vedi, chiara, Elena,
Didone, Ermione, Fillide, Ipermestra,
quello che è, non mi ricordo – chiara
come le fronde brillanti delle viti
che il vento agita contro i cieli acciaio,
c’è ancora qualcosa che ti devo dare,
quando tutto avrebbe invece suggerito
l’esatto opposto, qui sull’asfalto lucido
che trema sotto ai fari, ed è anche più
di quanto mi aspettassi, non mi posso
lamentare, anche se non sei qui,
anche se non ci sarai più,
perché lamentarsi non serve, e mangia via
il tempo, e io al contrario ho ancora
qualcosa da dirti, vedi, nonostante tutto,
cara».
*
*
*
Fantasima
*
*
I
Io solo paio accorgermi, vagando
per tutte le scomposte
plebi postimperiali,
*                                  *le ineludibili
gioventù moderne e le spire fitte
dei palazzi barocchi e dei negozi
deserti
*
*            *(l’isteria dei trompe l’oeil
non è pedonale, non offre vie di fuga,
le geometrie camuffano la morte
e non molto di più) –
*
io solo paio accorgermi che manchi.
*
II
Durchkomponiert, il ritmo
del tuo ripresentarti sotto forma
di assenza,
*                  *dietro una salita, all’improvviso
o a un giro di strada, è inevitabile
e imprevedibile –
*                               *e d’altra parte, a saperlo prevedere,
scioglierei questa, più che catabasi, ghost story
(essere diventati, poi, che imbarazzo,
proprio ora che usa il digitale,
effettacci di luminal, lampade di Tesla),
ma non conosco formule né offerte
che sappiano cacciarti o trattenerti
per sempre.
*
III
Sunday morning. La lugubre gondola
che avanza sulle acque del sonno
è vuota e scolorita dall’inverno
e non sa dirmi niente
che io non sappia già,
*
così come le sillabe perplesse,
i canoni lugubri soliti che ora pronuncio
non comunicano molto più della lunga
teoria di movimenti muscolari
necessari a pronunciarli,
sono giusto una buona intenzione, e l’inferno –
*
IV
Il canto, le piume, il pianto a comando,
papapagheneggiare
davanti al mare sterile e deserto
per file e file di finestre vuote
sono esorcismi che non intendo smettere,
perché non posso permettermi il pensiero
che, persi i nostri mutual friends e gli oggetti
che insieme abbiamo posseduto,
svaniremo anche noi,
*                                     *irrimediabilmente,
anche se so che è così che funziona,
che è questo che succede, sempre,
anche a noi, anche qui.
*
Immagine: Jeff Wall, “Summer Afternoons”

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