Torquato Tasso, Il mondo creato: quinto giorno

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a cura di Marco Malvestio

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Il mondo creato: quinto giorno

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[…] Quando egli disse: “L’acqua omai produca,
e seco l’aria partorisca insieme
ogni vivo animal che vola e repe”.
E nel suo commandar tutti repente
i fiumi diventar fecondi e i laghi,
e’ vaghi armenti e le squammose torme
de’ propi notatori il mar produsse.
E quanto ancor d’immondo e di palustre
limo è ripieno, e senza corso o moto
ristagna ed impaluda in pigro letto,
sortì il propio ornamento e ‘l propio onore,
e non rimase neghitoso e voto,
allor che Dio creò di novo il mondo
ch’immantinente gracidar nascendo
ne lo stagnante umor rane palustri,
e sì fatti animai nasceano insieme,
in guisa ad esseguire il sommo impero
si mostrar l’acque frettolose e pronte.
E tutti quei, di cui potriansi a pena
le varie sorti annoverar parlando,
subito nati, in operosa vita
e sé movente, disegnaro a prova
di quei che gli creò, l’alta possanza,
che narrar non si può con lingua umana.
Ed allor prima fu creato, e nacque
dotato l’animal d’alma e di senso.
Perchè le piante e le frondose sterpi
de gli arbori ch’al ciel spiegar le chiome,
benchè abbian vita, onde si nutre e cresce
da l’umide radici il verde tronco,
animali non son, né in cara dote
ebber dal Padre eterno il senso e l’alma,
onde sentiamo sì diversi obietti.
Benchè vi sia chi non dinieghi e toglia
a le scorze selvagge, a’ rozzi tronchi
un inchinarsi, un ripiegar se stesso,
un distendere i rami in cara parte,
ch’è quasi un moto di frondose braccia
per secreto desio d’amore occulto.
E ne le piante ancor stupido senso
conobbe alcuno antico, o che gli parve.
Ma resti pur questa sentenzia errante
in quel silenzio, a lor cotanto amico.
Come si sia, creati il quinto giorno
fur gli animanti, a cui non lega e ‘ndura
rozzo e tardo stupore i pigri sensi.
E qualunque animale, o repe o guizza,
o nel sommo de l’acque o pur nel fondo,
prodotto fu per obedir al suono
de la divina ed immutabil voce.
Nè in pochi e brevi detti alcun rimase
escluso dal soprano eterno impero.
Non quei, che l’animal figliando in parto,
soglion vivo produr, delfini e foche;
nè meno ‘l picciol pesce, onde sovente
la man del pescatore al fune avolta,
per secreta virtù stupisce e torpe;
non chi l’ova produce, o chi si copre
di molle squamma o di più dura scorza;
non quei c’hanno le penne o pur non l’hanno,
ma tutti fur ne le parole accolti,
e quasi inchiusi sotto certa legge,
del lito i vaghi abitator guizzanti.
E quei che nel profondo il mare alberga,
e quei ch’affissi stanno a’ duri scogli,
e quei che vanno insieme in ampia greggia,
e quelli ancor ch’erran dispersi a nuoto,
e le balene smisurate e l’orche,
co’ pesci picciolissimi e minuti.
E se fra questi ha pur chi ‘l molle peso
del corpo sovra i piè sostiene e porta,
son di natura ambigua e quasi incerta,
e ‘l gemino lor vitto in terra e ‘n onda
van ricercando, non contenti a pieno
di semplice esca, o d’un sol cibo al pasto.
E son fra questi le stridenti rane,
e granchi di più branche, a cui s’aggiunge
il cocodrillo, e ‘l notator cavallo
che del Nilo trascorre i larghi campi,
ed ondeggianti per l’asciutte rive.
Perché i piccioli, i grandi, i dubbi e i certi,
sotto il decreto d’uno eguale impero
esser vario sortiro e varia vita,
allor che disse Dio: “Producan l’acque”.

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Col Mondo Creato Tasso realizza la grande ambizione della poesia religiosa, e si fa “puro mezzo” (Gigante) della potenza di Dio. Il solido pregiudizio verso le tarde scritture tassiane non è completamente ingiustificato, visto che effettivamente nei poemi sacri questa condizione (o meglio, questa aspirazione) tende a ridursi a “un catalogo di meste e sterili asserzioni” (Caretti) nel momento in cui viene esposta la dottrina teologica. La grandezza poetica di Tasso, tuttavia, fa sì che il poema della Creazione non sia solo una lode all’Onnipotente, ma anche e soprattutto un catalogo sterminato delle meraviglie della natura e della sua assordante vastità – e nella meraviglia che coglie lo sguardo, invitandolo a riflettere sulla propria finitezza, oltre che nella forma stessa dell’elenco, si vedono chiarissime le radici del barocco.

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