da “Paesaggi”, traduzione dall’olandese di Franco Loi, Edizioni del Leone 2001.
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Gioco di simulazione
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La pianura del polder dietro la tua testa,
un paesaggio in cui nuvole, un aereo, macchine
sono fissate nel loro movimento.
Fossi almeno privo di pudore
come negli anni passati: tracce di bolle svanite
conservano visibile una vita
ormai incarnata in pesci.
Se potesse durare un attimo ancora,
dietro quella vasca potresti scoprire
linee dirette verso qualcosa,
potresti, dietro il bordo delle immagini
sospettare l’ombra di una mano
che guida gli accadimenti.
Forse anche noi siamo condotti
davanti a questo cancello,
diretti verso qualcosa
o da qualche parte in quest’ora predestinata.
Fino al punto che nei tuoi stessi occhi,
più profondamente dagli alberi che vi sono riflessi,
viene preparato il pensare,
quel non tollerare le regole
che qui regolano il tutto.
I paesi, su questa carta, vengono
impercettibilmente spostati,
tanto che sembra impossibile
noi si possa esistere in questo luogo.
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Segni
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Come nei fumetti, una serie di punti
sta a significare ciò che è troppo veloce per l’occhio,
vorrei fissare questo tuo disperato
sparire in segni
che ti raggiungano oltre
la curva della luce
dietro cui i tuoi abiti
sono frusciati via col tuo corpo
nascosto, e, per sempre, trattenere
le tue troppo effimere apparizioni
al desiderio della mano che scrive.
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Scatole di immagini
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Tutto, qui, è disegnato
con l’esattezza di un orologio.
Alla porta del municipio
le linee suggeriscono vere assi.
Un bambino ci può passare
facendosi piccolo come una formica.
L’orologio della chiesa
è in perfetto accordo col cielo.
Nuvolette ingegnose ogni giorno
passano consolatorie,
eppure non vedi tra gli uccelli
le linee invisibili
dalle quali vengono mossi.
Dopo tanto guardare, ora gli abitanti
vedono con occhi resi acuti
dall’incredibile precisione.
La sapiente mano di un dio,
da dietro quel firmamento
riflesso sulla parete da un grande amore,
sta girando la chiave nell’ingranaggio
e domani scenderà paralizzata
su noi come un’ala d’amore
e di paura, morendo
quando la scatola prenderà fuoco.
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Due uomini in un paesaggio
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Costruisco qui, per un caro amico,
una strada tra due file di alberi,
pioppi penso.
Due uomini mi vengono incontro.
È, su questa carta,
una serata d’estate.
La questione è: quanto può essere vero?
Sei già in dubbio sul tuo camminarci.
Come può essere pensato
ciò che non può esistere?
Non puoi dubitare che siate voi,
tu con tuo padre.
Proviamo a completare l’immagine:
un vecchio paese del Brabante,
cavalli, un vecchio fienile
ruvido di secco muschio,
un odore di calda erba in fiore:
lentamente camminano insieme
nel paesaggio parlando,
e forse tu puoi sentirli.
Siamo dentro a vent’anni fa,
quindi abbiamo tempo:
niente può accadere
in un tempo già passato.
Segui i loro passi e ascolta
quel loro rispettoso parlare.
Nella loro dimensione, potrai forse
cogliere un segno che solo tu puoi capire.
Ma perdonali, se non viene,
se loro non sanno esprimere
quelle parole che sono mancate
nei quarant’anni della tua vita.
(Padre… Senti… Perché?)
Gli uomini non parlano di se stessi,
non tanto spesso almeno.
Qualche volta si scambiano parole da giornale
o frasi della radio,
di poca importanza.
Ma, tra le parole, ascolta,
i grevi silenzi dicono forse
ciò che sempre hai sperato di sentire.
Ascolta, dunque.
Il rosso sole è ormai basso
all’orizzonte da dove sono venuti.
E tra le basse case
le loro ombre coincidono.