René Char / Vittorio Sereni

[Durante tutto il mese di agosto pubblicheremo testi di autori che non possono non essere presenti in questo spazio. Le uscite regolari riprenderanno a settembre. Nel frattempo è disponibile e scaricabile qui l’ebook riassuntivo del primo trimestre, con alcune aggiunte.]

Rene-Char-1947-IsleSurLaSorguevittorio sereni

Da “Fogli d’Ipnos”, Einaudi 1968. Traduzione di Vittorio Sereni.

*

1
Per quanto possibile, insegna a diventare efficace, per il fine da raggiungere ma non oltre questo. Oltre questo è fumo. Dove è fumo è mutamento.

84
Far marcia indietro nella propria intimità con un essere è mettere al vivo l’anima propria, e assumere al tempo stesso la sua perfezione. Legato stretto, involontario, provo questa fatalità e chiedo perdono a quell’essere.

187
L’azione che ha un senso per i vivi ha valore solo per i morti e compimento solo nelle coscienze che ne sono eredi e l’interrogano.

200
Quando sei ubriaco di dolore, non hai più del dolore che il cristallo.

209
La mia inettitudine a sistemare la mia vita deriva dal mio essere fedele non a una ma a tutte le creature con cui mi scopro in seria parentela. Tale costanza persiste nel cuore dei contrasti e delle controversie. Lo humor vuole che nel corso d’una di codeste interruzioni di sentimento e di senso letterale, io immagini quegli esseri uniti nell’esercizio della mia soppressione.

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da “Ritorno a Sopramonte e altre poesie”, Mondadori 1974.

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XXIX
Sopprimere la lontananza uccide. Non di altro gli dèi muoiono che dello stare in mezzo a noi.

XXXIX
Se non accettate quel che vi si offre, un giorno chiederete la carità. La carità per rifiuti più grandi.
*

Possedimenti remoti

Tra tutto quanto è scritto fuori della nostra attenzione, l’infinito del cielo, con le sue sfide, la sua rotazione, le sue parole innumerevoli, sta soltanto una frase un po’ più lunga, un po’ più affannosa delle altre. La leggiamo in cammino, a brani, con occhi logori o sorgivi, e diamo al suo senso quanto nel nostro proprio significato ci sembra irrisolto e in sospeso. Così, fuori della nostra carne e della sua, troviamo la notte diversa, alla fine solidalmente addormentata e raggiante dei nostri sogni. Che si aspettano, si disperdono non sopportando catene. Mai se ne liberano, mai.

*

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da “Due rive ci vogliono”, Donzelli 2010.

*

XX
Chi oserebbe dire che quanto abbiamo
distrutto valeva cento volte quanto
avevamo senza posa sognato e trasfigurato
parlando sommessi alle rovine?

XXXII
C’erano in quest’uomo tutte le impazienze
e le smorfie dell’universo,
e anche l’esatto contrario. Ciò
riduceva – diminuiva la sua amarezza, dava un
gusto perfido alla speranza che, così
alienata, non si nascondeva.

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