César Vallejo, Una poesia

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In attesa dell’inizio del nuovo ciclo e per non lasciare soli i nostri lettori, in questi giorni continueremo a pubblicare la rubrica ‘La poesia del sabato’.

da C. Vallejo, Poesie, a cura di R. Paoli, Milano, Lerici, 1964.

*

*

Ancora un poco di calma, compagno;
un molto immenso, settentrionale, completo,
feroce, di piccola bonaccia,
al minimo servizio di ogni trionfo
e nell’ardita servitù di fiasco.

Di ebbrezza, ne hai d’avanzo; e non v’è tanta
pazzia nella ragione quanto questo
tuo raziocinio muscolare; e specie
la tua esperienza è un razionale errore.

Ma, per parlar più chiaro
e pensarci ben bene, sei d’acciaio,
purché tu non sia
sciocco e ti rifiuti
di entusiasmarti tanto per la morte
e la vita, con la tua sola tomba.

Occorre che tu sappia
contenere il tuo volume senza correre o affliggerti,
la tua realtà molecolare intera
e, al di là, la marcia dei tuoi evviva
e, al di qua, i tuoi abbasso leggendari.

Sei d’acciaio, come si dice,
a patto che non tremi e non finisca
per scoppiare, compare
del mio calcolo, enfatico, figlioccio
dei miei sali luminosi!

Cammina, nient’altro; risolvi,
medita la tua crisi, somma e avanti,
tàgliala, càlala, guàstala;
il destino, le intime energie, i quattordici
versetti del pane; quanti diplomi
e procure, sull’orlo fededegno del tuo slancio!

Quanti dettagli in sintesi, con te!
Quante pressioni identiche, ai tuoi piedi!
Quanto rigore e quanti patrocinî!

È sciocco
codesto metodo di patimento,
codesta luce modulata e virulenta,
se ti basta la calma a far segnali
seri, caratteristiche fatali.

Uomo, su via, vediamo;
dimmi quel che mi accade,
che, pur gridando, io son sempre ai tuoi ordini.

[28 nov. 1937]

*

*

*

Otro poco de calma, camarada;
un mucho inmenso, septentrional, completo,
feroz, de calma chica,
al servicio menor de cada triunfo,
y en la audaz servidumbre del fracaso.

Embriaguez te sobra, y no hay
tanta locura en la razón, como este
tu raciocinio muscular, y no hay
más racional error que tu experiencia.

Pero, hablando más claro
y pensándolo en oro, eres de acero,
a condición que no seas
tonto y rehúses
entusiasmarte por la muerte tanto
y por la vida, con tu sola tumba.

Necesario es que sepas
contener tu volumen sin correr, sin afligirte,
tu realidad molecular entera
y más allá, la marcha de tus vivas
y más acás, tus mueras legendarios.

Eres de acero, come dicen,
con tal que no tiembles y no vayas
a reventar, compadre
de mi cálculo, enfático, ahijado
de mis sales luminosas!

Anda, no más; resuelve,
considera tu crisis, suma, sigue,
tájala, bájala, ájala;
el destino, las energías íntimas, los catorce
versículos del pan; cuántos diplomas
y ponderes, al borde fehaciente de tu arranque!

Cuánto detalle en síntesis, contingo!
Cuánta presión idéntica, a tus pies!
Cuánto rigor y cuánto patrocinio!

Es idiota
Ese método de padecimiento,
esa luz modulada y virulenta,
si con sólo la calma haces señales
serias, características fatales.

Vamos a ver hombre;
cuéntame lo que me pasa,
que yo, aunque grite, estoy siempre a tus órdenes.

[28 nov. 1937]

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