Pubblichiamo una breve scelta dall’ultimo libro di Stefano Dal Bianco (Prove di libertà, Mondadori, 2012, primo per la sezione “poesia” della classifica pordenonelegge-Dedalus 2013). Una recensione (nostra) al libro era già uscita qui.
Provvisoria solitudine di io
Ad ogni singolo barlume di consapevolezza
il nostro mondo si disgrega
e tutto perde di realtà:
i nostri sentimenti, i nostri gesti,
le opere dell’uomo
e la letteratura integralmente.
Uno che pensa di essere io
ogni tanto ci prova
ad ampliare quei momenti,
perché la sola vera libertà
soltanto di questi si nutre
e va di pari passo alla pietà, che scatta,
ma ormai così lontano
da non potersi esercitare
per consapevolezza dello spreco
e per carenza di energia.
Il mondo dunque in quei momenti
se ne vada dietro a io,
che non può fare altro,
e io non se ne vada dietro al mondo.
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Un lavoro da fare
Come si fa a debellare un’emozione negativa
se non c’è un centro in noi che ci presiede
e al suo posto un fantasma avventato
che si mangia a poco a poco
quel poco di vita che avremmo.
Si potrebbe provare bellamente a farne a meno:
dalla terra tornare su di noi
con l’aiuto del cielo,
con la sua piena indifferenza,
per guadagnare un corpo
e in tutta coscienza con quello
prendere a calci le persone più care, a
cominciare da noi, tutte
le
volte
che cadiamo nel tranello quotidiano
e ci dimentichiamo.
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Veduta con signore
Un signore che mai conosciamo abbastanza oggi si è affacciato,
abbiamo visto che ha visto qualcosa
per un momento alla finestra,
qualcosa che tremava nella valle sottostante,
che respirava senza vento, con il suo solo potere,
ed era il bosco occupato dal non bosco,
indistinguibile nella foschia,
che respirava senza vento, era il legame
fra esistente e non esistente
e tutto intorno niente.
Allora venne il desiderio, il primo seme della mente,
e quel signore purtroppo si appagò,
divenne un passato remoto,
si volse indietro alla stanza
e cominciò a discorrere con noi
del più e del meno
mentre il legame intrasentito scompariva
e così i nostri confini, che per un po’ di tempo
erano stati i suoi.
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Età della vita
C’è un’età della vita
in cui si rarefanno le amicizie
e quelle poche
o per l’assenza di un progetto vero
o per il marcio dei costumi
o per l’accettazione di un inganno si opacizzano.
Contemporaneamente come cani
si fanno banali e sempre più innocenti
le morti degli anziani:
maestri parenti genitori ignari
a diventare cibo per la luna.
Di tutta questa empia misurata libertà che ci deriva noi
cosa faremo?
Un passo, da bravi, ancora solo un passo.
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Autolavaggio
Forse dovremmo bere molto.
Forse dovremmo respirare meglio.
Io morirò per qualche cosa di circolatorio.
Tu morirai per qualche cosa di cardiaco.
Tutto normale. Le tubature e la pompa.
Allora cibarsi con cognizione,
respirare consapevolmente,
ogni giorno lavare la macchina
con quello che ci viene offerto, la materia,
la materia che raffina i Pneumatici.
Spazzare via ciò che non serve,
lasciarsi impressionare da vivande più sottili,
coltivare una pazienza attiva,
pregare: chiedere e aspettare.
Tutti i giorni lavare la macchina
senza pensare di sapere-già,
senza pensare di sapere-tutto.
Separare le cose dai significati, andare contro
a ciò che di meglio si è pensato,
perché qualcosa va perduto in noi
perché una nuova nota suoni.




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