Sacre scritture desidera attraversare una forma poetica apparentemente trascorsa; meglio, trascorsa in quanto dichiarata: la poesia a tema cristiano. «Tema» da intendersi non come l’argomento di un qualche dialogo col divino (o con il trascendente, questo davvero mai passato di moda), ma come pura “traccia” scolastica: da svolgersi, insomma, attingendo per via diretta al repertorio di immagini, situazioni e figure interne alla Storia giudaico-cristiana. Sia anche per prenderne le distanze, o per discorrere di tutt’altre questioni (come è legittimo).
Dopo il frammentismo esasperato di Reperti archeologici, la rubrica vorrebbe ricomporre un certo grado di discorso, per un briciolo di rispetto verso il “peso” storico e mentale delle atmosfere prese in prestito, appunto, da certo Novecento anglosassone. La forma tendenziale sarà allora quella del poemetto: anche in omaggio a un’altra forma che – come il suo cugino in prosa, il racconto lungo – non pare adeguatamente canonizzato.
Colonna portante del Royal National Theatre – con scorribande presso la Royal Shakespeare Company e la BBC – Tony Harrison (Leeds, 1937) è poeta di formazione classicista e, come si può vedere, estremamente compromesso con il mondo dello spettacolo. Traduttore-adattatore dal latino, dal Middle English, dal greco e dal francese, Harrison è però ricordato per le posizioni vicine ai conterranei minatori, concretizzatesi nel famigerato poema v. (1987), trasmesso da Channel 4 nel pieno dello sciopero antithatcheriano.
The Nuptial Torches
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Le torce di nozze
‘These human victims, chained and burning at the stake, were the blazing torches which lighted the monarch to his nuptial couch.’
‘Queste vittime umane, legate e arse sul rogo, furono le ardenti torce che al monarca schiarirono la via
del talamo.’
(J. L. Motley, The Rise of the Dutch Republic)
| Fish gnaw the Flushing capons, hauled from fleeced
Lutheran Holland, for tomorrow’s feast. The Netherlandish lengths, the Dutch heirlooms, That might have graced my movements and my groom’s Fade on the fat sea’s bellies where they hung Like cover-sluts. Flesh, wet linen wrung Bone dry in a washerwoman’s raw, red, Twisting hands, bed-clothes off a lovers’ bed, Falls off the chains. At Valladolid It fell, flesh crumpled like a coverlid. . Young Carlos de Sessa stripped was good For a girl to look at and he spat like wood Green from the orchards for the cooking pots. Flames ravelled up his flesh into dry knots And he cried at the King: How can you stare On such agonies and not turn a hair? The King was cool: My friend, I’d drag the logs Out to the stake for my own son, let dogs Get at his testes for his sins; auto-da-fés Owe no paternity to evil ways. Cabrera leans against the throne, guffaws And jots down to the Court’s applause Yet another of the King’s bon mots.
O yellow piddle in fresh fallen snow – Dogs on the Guadarramas … dogs. Their souls Splut through their pores like porridge holes. They wear their skins like cast-offs. Their skin grows Puckered round the knees like rumpled hose. | Pesci rosicchiano i capponi di Flushing, qui dai Luterani
Spennati Paesi per l’orgia, domani. Cimeli di Olanda, i pezzi dalle Province, A me e al mio sposo potevano adornarci le mosse E ora sbiancano ai grassi ventri marini su cui erano appesi Come dei paragrembi. Carne, intrisi lenzuoli Strizzati all’osso in ruvide mani, rosse e ruotanti Di lavandaia, copriletti sfilati a un letto di amanti, Che ricade dai ceppi. A Valladolid Cadde, la carne una rugosa pellicola.
Il tenero Carlos de Sessa messo a nudo era bello Per una ragazza a vedersi e sfrigolò come legno Verde tolto ai frutteti per i paioli. Fiamme avvinsero il corpo in aridi nodi Quando al Re urlò: Come avete assistito Ad agonie tali senza battere ciglio? Era freddo il Re: Amico, io trascinerei i rami Da mio figlio sul rogo, e lascerei i cani Per i suoi peccati brancargli le gonadi; gli auto da fé Mai devono ai vizi una paternità. Si appoggia al trono, Cabrera, e si sbellica Buttando giù per l’applauso di Corte Ancora un bon mot fra i tanti del Re.
Oh piscio giallastro su neve freschissima – Cani sui Guadarrama …son cani. L’anima Loro spilla da pori come grumi di semola. Li rivestono pelli come i panni di ieri. La pelle che ora Ai ginocchi si increspa come grinze di calza. |
| Doctor Ponce de la Fuente, you,ddddddddddddddddd
Whose gaudy, straw-stuffed effigy in lieu Of members hacked up in the prison, burns Here now, one sacking arm drops off, one turns A stubble finger and your skull still croons Lascivious catches and indecent tunes; And croaks: Ashes to ashes, dust to dust. Pray God be with you in your lust. And God immediately is, but such a one Whose skin stinks like a herring in the sun, Huge from confinement in a filthy gaol, Crushing the hooping on my farthingale.
O Holy Mother, Holy Mother, Ho- ly Mother Church, whose melodious, low Labour-moans go through me as you bear These pitch-stained children to the upper air, Let them lie still tonight, no crowding smoke Condensing back to men float in and poke Their charcoaled fingers at our bed, and let Me be his pleasure, though Philip sweat At his rhythms and use those hateful tricks They say he feels like after heretics.
O let the King be gentle and not loom Like Torquemada in the torture room, Those wiry Spanish hairs, these nuptial nights, Crackling like lit tapers in his tights, His seed like water spluttered off hot stone. Maria, whose dark eyes very like my own Shine on such consummations, Maria bless My Philip just this once with gentleness.
The King’s cool knuckles on my smoky hair! | Dottor Ponce de la Fuente, sei proprio tu,
La cui accesa, impagliata effige sta in luogo Di arti incisi in galera, che brucia qui Ora, un braccio in tela crolla, e uno si gira Una stoppia di dito e il tuo teschio ancora Fischia arie indecenti in lasciva armonia; Spirando così: Polvere alla polvere, cenere alla cenere. Prega Dio di esserci nella tua libidine. E Dio c’è all’istante, ma è un dio di tal sorta, La cui pelle è olezzante come al sole un’aringa, Enorme e prosciolta da un gabbio fetente, A distruggere il cerchio del mio guardinfante.
Oh Santa Madre, Santa Madre, San- ta Madre Chiesa, le cui basse, soavi, Gementi doglie mi passano e intanto tu porgi Questi figli impeciati al più alto dei cieli, Stanotte trattienili, poiché nessun cumulo Ricondensi in umani, voli dentro e ci pungoli Con dita arse nel letto, e fai in modo che io Sia di suo godimento, nonostante Filippo Sudi ai suoi ritmi e ricorra agli orrendi Trucchi che dicono provi dopo gli eretici.
Oh che il Re sia cortese e che non si stagli Come fa il Torquemada nei sotterranei, Gli irti peli spagnoli, queste notti nuziali, Come ceri che accendono i suoi mutandoni, Il suo seme come acqua sprizza a pietre roventi. Maria, i cui neri occhi come è il modo dei miei Brillano a simili consumazioni, Maria, tu dona Cortesia al mio Filippo almeno stavolta.
Ho sui ciuffi bruniti nocche fredde di un Re! |
| Mare Mediterraneum, la mer, la mer
That almost got him in your gorge with sides Of feastmeats, you must flush this scared bride’s Uterus with scouring salt. O cure and cool The scorching birthmarks of his branding-tool.
Sweat chills my small breasts and limp hands.
They curled like foetuses, maman, and cried.
His crusted tunics crumple as he stands:
Come, Isabella. God is satisfied. | Mare Mediterraneum, la mer, la mer
Che te lo ingozzi a momenti con orgiastica Polpa, tu sciacquale l’utero alla sposa sgomenta Con il sale che monda. Oh fredda e cura le macchie Congenite e in fiamme al suo ferro da marchio.
Sudore ghiaccia i miei piccoli seni e flaccide mani.
Come feti si arcuavano, maman, e hanno pianto.
La sua veste incrostata che si corruga alzandosi:
Vieni, Isabella. Adesso Dio è sazio. |
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L’immagine in evidenza è di Francesca Coldebella Bergamin.





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