Riprendiamo la rubrica di poesia portoghese con alcune traduzioni tratte dall’ultimo volume della collana da ocidental praia (San Marco dei Giustiniani, Genova), No Reino da Dinamarca di Alexandre O’Neill, a cura di Roberto Francavilla.

Nato a Lisbona nel 1924, dove trascorre la maggior parte della sua esistenza e dove muore nel 1986, Alexandre O’Neill è fra i fondatori del Movimento surrealista portoghese nel 1948, poi abbandonato polemicamente a seguito di scoppiettanti querelles che animano, esaltano e sfaldano quell’inquieto laboratorio. No Reino da Dinamarca, pubblicato nel 1958 dalla Guimarães Editora, rappresenta una delle opere più emblematiche della sua produzione poetica.

Di O’Neill sono state pubblicate in Italia alcune antologie (da Einaudi, nel 1966 e nel 1971; e da Guanda, nel 1978) e traduzioni in rivista. La presente edizione di Nel regno di Danimarca costituisce il primo volume completo di Alexandre O’ Neill tradotto in italiano.

Parole reali come fiamme (e altrettanto precarie)

                                                        Mettere in atto la propria vita è già aprirsi alla poesia 

                                                                                                                         Edmond Jabès 

 

Le antinotti 

Quando Jabès parla di azione parla di lucidità, di utilizzo reale della poesia non solo come forma di espressione ma come prova empirica dell’esistenza di mondi che lei stessa costruisce (da qui l’azione) e che talvolta rendono evidente l’incompatibilità fra il poeta e il mondo nel quale invece è costretto a vivere.

Per Alexandre O’Neill, il mondo in cui è costretto a vivere, un recinto fosco di coazione e spinte frustrate verso la fuga, è quello di un Portogallo piccolo e limitrofo al mondo dove invece le cose accadono, mestamente costretto ad accogliere gli echi che giungono da Parigi e da lontananze che non sono tanto geografiche quanto politiche, culturali e soprattutto mentali. Dagli anni Quaranta agli anni Settanta, O’Neill percorre i circuiti della sua routine dimessa che è specchio di quel Portogallo, il Portogallo di Salazar: orizzonti chiusi, i gabbiani sul Tago, la pioggia sui sampietrini, il rifugio delle riunioni al caffè dove «mettere in atto la propria vita», resistere, aderire a movimenti, elaborare poetiche, sognare e fingere che mettere in atto la propria vita non sia, nella realtà, anche quello un progetto frustrato.

Quali gli antidoti, a convergere nel corpo della poesia? La fuga nel sogno, certamente (si legga «Pretesti per fuggire dal reale») e l’accoglienza nell’amour fou come unica forma di redenzione (memorabile è quello vissuto con la poetessa di origine greca Nora Mitrani, sodale di Bréton a Parigi, da cui scaturisce una delle sue poesie più intense e struggenti, «Un addio portoghese», possibile manifesto di tutta un’epoca). La fuga, soprattutto, dai nemici che già i compagni surrealisti avevano identificato nel loro programma, come la famiglia borghese e l’amore borghese («tavola-familiare-letto-matrimoniale»), sagome di cartone appese alla parete del quotidiano per essere trafitte dagli strali dei poeti. E poi l’ironia, il sorriso amaro, lo sbeffeggio […].

Una reazione non solo estetica, dunque, che si esplichi nella realtà dell’attimo, con tutta la sua urgenza, consapevole dei propri limiti fenomenici. A questa attitudine concorre una posizione propensa all’infrazione dei codici formali attraverso l’utilizzo di un linguaggio nuovo e dell’estrema enfatizzazione dell’espressività individuale, esterna se non addirittura estranea al lascito della scuola surrealista. […]. All’alienazione del razionalismo capitalista il poeta oppone l’immaginazione, la messa a nudo del difetto nazionale, la meschinità del gesto proditorio, il tradimento, la delazione, lo stantio che ammorba l’esistenza transitando dalla dimensione sociale a quella intima, affettiva, e che viene impietosamente rivelato.

 

 

AO ROSTO VULGAR DOS DIAS

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Monstros e homens lado a lado,

Não à margem, mas na própria vida.

Absurdos monstros que circulam

Quase honestamente.

Homens atormentados, divididos, fracos.

Homens fortes, unidos, temperados.

*

Ao rosto vulgar dos dias,

À vida cada vez mais corrente,

As imagens regressam já experimentadas,

Quotidianas, razoáveis, surpreendentes.

*

Imaginar, primeiro, é ver.

Imaginar é conhecer, portanto agir.

 

 

 

AL VOLTO ORDINARIO DEI GIORNI

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Mostri e uomini fianco a fianco,

non a margine, ma proprio nella vita.

Assurdi mostri che circolano

Quasi onestamente.

Uomini tormentati, divisi, deboli.

Uomini forti, uniti, temperanti.

*

Al volto ordinario dei giorni,

La vita sempre più triviale,

Le immagini ritornano già provate,

Quotidiane, ragionevoli, sorprendenti.

*

Immaginare, prima di tutto, è vedere.

Immaginare è conoscere, quindi agire.

 

 

 

A MEU FAVOR

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A meu favor

Tenho o verde secreto dos teus olhos

Algumas palavras de ódio algumas palavras de amor

O tapete que vai partir para o infinito

Esta noite ou uma noite qualquer

A meu favor

As paredes que insultam devagar

Certo refúgio acima do murmúrio

Que da vida corrente teime em vir

O barco escondido pela folhagem

O jardim onde a aventura recomeça.

 

 

 

A MIO FAVORE

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A mio favore

Ho il verde segreto dei tuoi occhi

Certe parole d’odio, altre d’amore

Il tappeto che partirà per l’infinito

Stanotte o una qualsiasi notte

A mio favore

Le pareti che insultano lente

Rifugio sicuro sul bisbiglio

Che dalla vita triviale ostinato giunge

La barca nascosta dal fogliame

Il giardino dove ricomincia l’avventura

 

 

 

UM ADEUS PORTUGUÊS

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Nos teus olhos altamente perigosos

vigora ainda o mais rigoroso amor

a luz de ombros puros e a sombra

de uma angústia já purificada

Não tu não podias ficar presa comigo

à roda em que apodreço

apodrecemos

a esta pata ensanguentada que vacila

quase medita

e avança mugindo pelo túnel

de uma velha dor

Não podias ficar nesta cadeira

onde passo o dia burocrático

o dia-a-dia da miséria

que sobe aos olhos vem às mãos

aos sorrisos a

o amor mal soletrado

à estupidez ao desespero sem boca

ao medo perfilado à

alegria sonâmbula à vírgula maníaca

do modo funcionário de viver

Não podias ficar nesta cama comigo

em trânsito mortal até ao dia sórdido

canino

policial

até ao dia que não vem da promessa

 

puríssima da madrugada

mas da miséria de uma noite gerada

por um dia igual

Não podias ficar presa comigo

à pequena dor que cada um de nós

traz docemente pela mão

a esta pequena dor à portuguesa

tão mansa quase vegetal

Não tu não mereces esta cidade não mereces

esta roda de náusea em que giramos

até à idiotia

esta pequena morte

e o seu minucioso e porco ritual

esta nossa razão absurda de ser

Não tu és da cidade aventureira

da cidade onde o amor encontra as suas ruas

e o cemitério ardente

da sua morte

tu és da cidade onde vives por um fio

de puro acaso

onde morres ou vives não de asfixia

mas às mãos de uma aventura de um comércio puro

sem a moeda falsa do bem e do mal

*

Nesta curva tão terna e lancinante

que vai ser que já é o teu desaparecimento

digo-te adeus

e como um adolescente

tropeço de ternura por ti.

 

 

 

UN ADDIO PORTOGHESE

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Nei tuoi occhi così pericolosi

vige ancora il più rigoroso amore

la luce di spalle pure e l’ombra

di un’angoscia già purificata

No tu non potevi rimanere legata insieme a me

alla ruota in cui imputridisco

imputridiamo

a questa zampa insanguinata che esita

quasi medita

e avanza muggendo nel tunnel

di un vecchio dolore

Non potevi rimanere su questa sedia

dove trascorro il giorno burocratico

la miseria quotidiana

che sale agli occhi arriva alle mani

ai sorrisi

all’amore appena sillabato

alla stupidità alla disperazione senza bocca

alla paura sull’attenti

all’allegria sonnambula, alla virgola maniaca

del modo impiegatizio di vivere

Non potevi rimanere in questo letto con me

in transito mortale fino al giorno sordido

canino

poliziesco

fino al giorno che non nasce dalla promessa

purissima dell’alba

ma dalla miseria di una notte generata

da un giorno uguale

Non potevi rimanere legata con me

al piccolo dolore che ognuno di noi

si porta dolcemente per mano

a questo piccolo dolore alla portoghese

così mite quasi vegetale

No, tu non meriti questa città, non meriti

questa ruota di nausea in cui giriamo

fino all’idiozia

questa piccola morte

e il suo minuzioso e osceno rituale

questa nostra ragione assurda di essere

No, tu appartieni alla città avventuriera

alla città dove l’amore trova le sue strade

e il cimitero ardente

della sua morte

tu appartieni alla città dove si vive per un filo

di puro caso

dove muori o vivi non di asfissia

ma in balia di un’avventura di un commercio puro

senza la moneta falsa del bene e del male

*

In questa curva così tenera e lancinante

che sarà che è già la tua scomparsa

ti dico addio

e come un adolescente

inciampo di tenerezza per te

 

 

 

ANIMAIS DOENTES

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Animais doentes as palavras

Também elas

Vespas formigas cabras

De trote difícil e miúdo

Gafanhotos alerta

Pombas vomitadas pelo azul

Bichos de conta bichos que fazem de conta

Pequeníssimas pulgas uma sílaba só

Lagartos melancólicos

Estúpidas galinhas corriqueiras

Tudo tão doente tão difícil

De manejar de lançar de provocar

De reunir

De fazer viver

Ou então as orgulhosas

Palavras raras

Plumas de cores incandescentes

Altos gritos no aviário

E o branco sem uso

Imaculado

De certas aves da solidão

Para dizer

Queria palavras tão reais como chamas

E tão precárias

Palavras que vivessem só o tempo de dizer a sua parte

No discurso de fogo

Logo extintas na combustão das próximas

Palavras que não esperassem

Em sal ou em diamante

O minuto ridículo precioso raro

De sangrar a luz a gota de veneno

Cativa das entranhas ociosas.

 

 

 

ANIMALI MALATI

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Animali malati e le parole

Anche loro

Vespe formiche capre

Dal trotto difficile e minuto

Cavallette sull’attenti

Colombe vomitate dall’azzurro

Oniscidi onniscenti

Piccolissime pulci una sillaba sola

Malinconiche lucertole

Stupide galline querule

Tutto così malato e difficile

Da maneggiare da lanciare da provocare

Da riunire

Da far vivere

Oppure le orgogliose

Parole rare

Piume dai colori incandescenti

Forti grida nell’uccelliera

Il bianco in disuso

Immacolato

Di certi uccelli della solitudine

Per dire

Vorrei parole reali come fiamme

E altrettanto precarie

Parole che vivessero appena il tempo di dire la loro

Nel discorso del fuoco

Subito estinte dalla combustione delle parole

Successive che non aspettassero

In sale o diamante

Il minuto ridicolo prezioso raro

Di stillare la luce la goccia di veleno

Prigioniera di viscere oziose

 

 

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L’immagine in evidenza è di Francesca Coldebella Bergamin.

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